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Il censimento degli Ebrei del 1938

 

In occasione della Giornata della Memoria cogliamo l’opportunità per verificare quali testimonianze della persecuzione antisemita conserva l’Archivio Storico Comunale. Tra le nostre carte troviamo il fascicolo dal titolo: «Censimento Istraeliti», che ci restituisce le istruzioni per censire, appunto, la popolazione di razza ebraica residente in Italia. Il censimento fu avviato all’indomani della promulgazione delle “Leggi razziali”, un insieme di provvedimenti legislativi ed amministrativi, emanati a partire dal 1938, tendenti ad escludere dalla vita pubblica le persone ebree, prevedendo tra l’altro,  il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico, di avere alle proprie dipendenze ebrei, il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri, la revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri successivamente al 1919, il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali, il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei, che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche.

Il prologo alla emanazione delle leggi razziali fu la pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti (noto come Manifesto della Razza), apparso inizialmente in forma anonima sul Giornale d’Italia il 14 luglio 1938 col titolo Il Fascismo e i problemi della razza, in seguito ripubblicato sul numero uno della rivista La difesa della razza il 5 agosto 1938 e firmato da dieci scienziati. Il 25 luglio 1938 la segreteria del PNF rende pubblico il testo completo del Manifesto e l’elenco completo dei firmatari.

Alcuni giorni dopo la pubblicazione del Manifesto l’Ufficio centrale demografico del Ministero dell'Interno cambiò nome e competenze diventando la "Direzione generale per la demografia e la razza" e comunicò ai podestà i criteri in base ai quali una persona era da definirsi di razza ebraica, ossia chi fosse nato da genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Stabilito ciò, fu dato avvio al censimento della popolazione ebraica inviando ai Comuni, nell’agosto del 1938, la circolare avente per oggetto: «Appunti riservatissimi chiarimenti e varianti Ministeriali per Censimento Ebrei», con la quale fu disposto che fossero censiti unicamente gli appartenenti alla razza ebraica residenti nel Comune, tralasciando le persone temporaneamente presenti. Nel caso un’intera famiglia fosse stata temporaneamente assente dal Comune di residenza il Podestà avrebbe dovuto compilare d’ufficio e trasmettere alla Prefettura la scheda di censimento con i soli elementi che risultassero dall’Anagrafe e annotando che la famiglia si trovasse assente e indicando il Comune di dimora temporanea. I Comuni di dimora provvisoria avrebbero dovuto compilare la scheda in duplice copia: una da inviare alla Prefettura e l’altra al Comune di residenza. Nella circolare si legge anche: «…il presente foglio dovrà altresì essere compilato dai capi delle famiglie o da chi ne fa le veci nelle quali anche un solo componente sia risultato di razza ebrea anche se professante altra o nessuna religione o se abbia abiurato o contratto matrimonio con coniuge non ebreo. A tal fine deve considerarsi di razza ebrea anche colui che discenda anche da un solo genitore ebreo…».

Facendo seguito alle disposizioni impartite, il Podestà di Oristano, l’avvocato Paolo Lugas, invia alla Prefettura la nota riservata datata 22 agosto 1938, con la quale comunicò che nel Comune non risiedeva alcuna persona di razza ebrea, ma che era presente temporaneamente, per motivi di lavoro, il dottor Gino Levi, Direttore Agrario alle dipendenze della Società I.S.B.I., residente stabilmente a Cagliari.

La Regia Prefettura di Cagliari rispose con la nota “riservatissima” indirizzata al Podestà e con la quale fu restituita la scheda del censimento al nome di Levi dottor Gino, perché fosse completata con le notizie richieste e opportunamente controfirmata.

L’ultima testimonianza documentaria di quel tragico periodo, nel quale furono gettate le basi per dare l’avvio al genocidio ebraico, è una lettera inviata dal Prefetto di Cagliari Canovai con la quale fu reso noto il contenuto del telegramma del Ministero dell’Interno: «In attesa che Gran Consiglio Fascista regoli posizione ebrei nel regno nessuna dichiarazione aut certificato può essere rilasciato at privati circa appartenenza aut meno razza ebraica. Vi atterrete rigorosamente a tale disposizione.»

Subito dopo il censimento vennero emanati una serie di decreti che inasprivano le condizioni degli ebrei sul piano lavorativo, scolastico, mobiliare e immobiliare, associativo e relazionale. Nel volgere di poche settimane persero l’impiego circa duecento insegnanti, quattrocento dipendenti pubblici, cinquecento dipendenti privati, centocinquanta militari e duemilacinquecento professionisti, inoltre duecento studenti universitari, mille delle scuole secondarie e quattromila delle elementari furono costretti a lasciare lo studio. In seguito questi dati servirono dal governo fascista per arrestare e deportare oltre 8500 ebrei nei campi di sterminio nazisti e le schede del censimento furono utilizzate anche per individuare gli ebrei del Ghetto ebraico di Roma e degli altri quartieri della Capitale nel rastrellamento del 16 ottobre del 1943.[1]

 

[1] Sitografia: https://it.wikipedia.org/wiki/Censimento_degli_ebrei

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