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L’epidemia di colera del 1855

 

Nella seduta straordinaria del Consiglio Comunale del 28 luglio 1855 il sindaco Gaetano Galisai informò l’assemblea di aver avuto la notizia della presenza, in alcuni paesi dell’isola, di casi di colera asiatico.

Considerando che già nel 1854 si aveva avuto il timore che si diffondesse il morbo, si propose di adottare le stesse misure di prevenzione di allora: in primo luogo la pulizia delle case e delle contrade; a questo proposito venne nominata una commissione composta da dottor Francesco Enna, dall’avvocato Pietro Sulas, dal notaio Giuseppe Tolu e dal negoziante Fortunato Loffredo che adottarono immediatamente il provvedimento di far dare il bianco all’ingresso delle case sospette.

Inoltre, vennero nominati il medico Giovanni Mulargia e il chirurgo Luigi Fois con il compito di vigilare sulla qualità dei cibi e bevande destinate alla vendita.

Le precauzioni adottate nella seduta del 30 luglio furono più rilevanti: si vietò il consumo di carne nei giorni di magro ed occorrendo il morbo, l’uso del tocco funebre delle campane delle chiese cittadine per evitare che gli abitanti si allarmassero e gli stessi dovettero tenere pulite le proprie abitazioni e cortili. Coloro i quali venissero colpiti dal male dovevano essere ricoverati nei conventi dei Claustrali e in quello della Missione, mentre i convalescenti in quello del Carmine.

Le donne, invece, sarebbero state ricoverate presso il salone annesso al convento e alla chiesa di Sant’Antonio, dopo aver eseguito le riparazioni previste dall’ingegnere provinciale e dall’architetto civico.

I cadaverisarebbero stati portati nella chiesa di San Giovanni, utilizzando il cortile come cimitero e sarebbero dovuti essere ricoperti di strati di calce per impedire qualsiasi esalazione, osservando che le fosse fossero profonde un metro e mezzo. Il consigliere Agostino Orrù e i medici Mulargia e Fois ebbero il compito di nominare sei infermieri, sei infermiere e otto becchini per attendere nel detto locale di San Giovanni secondo le circostanze potessero esigere. Inoltre, il cimitero, doveva essere dotato di una o due carrette ben coperte con tela incerata per il trasporto dei cadaveri.

Il consiglio delegato venne investito del compito di prestare assistenza ai cittadini e provvedere alle loro necessità, come la fornitura di letti, coperte e pagliericci.

Vennero adottati degli accorgimenti anche nei confronti degli “accattoni”: sentito l’ufficio di pubblica sicurezza, sarebbero stati espulsi dalla città e rimandati al proprio paese i forestieri, mentre i residenti in città dotati di una medaglia, cosi come stabilito dalla legge.

Per fare fronte alle ingenti spese che la situazione d’emergenza richiedette, la Municipalità deliberò di affrontare un prestito da diciassette a venti mila franchi, usando come garanzia i beni immobilisiti nelle regioni di Barbau e di Paloni, incaricando il Consiglio Delegato di occuparsene.

Il 6 agosto, alla presenza dei consiglieri Giuseppe Busachi, Giacomo Carta, Sergio Carchero, Giuseppe Corrias, Salvator’Angelo De Castro, Francesco Enna, Domenico Giorda, Fortunato Loffredo, Giuseppe Agostino Orrù, Antonio Puzzolu, Pietro Sulas, Antonio Soggiu, Giuseppe Tolu, il sindaco Gaetano Galisai, mettendo al corrente l’assemblea che le notizie provenienti dalla parte settentrionale dell’isola erano molto allarmanti, invitò ad adottare misure ancor più severe e energiche affinchè non venga invasa dal morbo anche questa città .

I consiglieri, preso atto della dolentissima circostanza deliberano di consolidare le commissioni deputate al controllo dei cibi destinati alla vendita e quella al controllo delle abitazioni nominando come membri l’avvocato Busachi e lo speziale Orrù per la prima, mentre per la seconda fu nominato il canonico Puzzolu.

Vennero presi inoltre altri accorgimenti: la corrispondenza proveniente dalla parte settentrionale dell’isola doveva essere sottoposta a suffumigi utilizzando una cassetta ad hoc fatta costruire per la circostanza e venne deliberato di acquistare una casa all’estremità dell’abitato e tutto il materiale necessario per tali operazioni.

Fu istituito l’Ufficio di Ricognizione ed una guardia composta da cinque persone in località del Rimedio, nel casotto concesso da Don Giuseppe Corrias, ove si sarebbe dovuta fermare la diligenza con destinazione Oristano e controllare i passeggeri e i bagagli. La stessa guardia doveva eseguire il cambio dei cavalli nel casotto di proprietà del Seminario Tridentino, situato al di qua di Ponte Grande e passando per la contrada di Pontixeddu, deporre la valigia con la corrispondenza destinata a Oristano, lasciando invece quella per Cagliari in un luogo comunicato in seguito e avrebbe proseguito poi per la scorciatoia chiamata S’Erba Cani, fuori dal popolato, radente ai cortili del Seminario e della Casa delle Missioni.

Gli stessi controlli si stabilirono anche nelle contrade di Su Scarajoni, Sa Maddalena e San Martino, con il compito di controllare chiunque provenisse dalla parte settentrionale dell’isola con destinazione Oristano.

Riconoscendo il gravoso incarico di sorveglianza attribuita al sindaco, impegnato anche in altre incombenze cittadine, si deliberò di istituire dei comitati comprendendovi altri notabili del Paese affinché si eseguisca un più esatto servizio.

Le decisioni prese dal Consiglio furono revocate dall’Intendente provinciale con missive del 6 e del 9 agosto perché ritenute illegittime e d’impossibile esecuzione e lo stesso Consiglio fece ritirare le guardie dai siti a cui erano destinate per il controllo della Città. Ma dopo alcuni giorni le circostanze costrinsero il sindaco e i consiglieri a tornare sulle decisioni prese, ovvero assegnare  nuovamente il servizio di guardia nei luoghi stabiliti perché a Milis, villaggio a sole tre ore di distanza da Oristano, si presentarono casi di colera: si ordinò quindi un maggior controllo delle persone e delle merci provenienti dai paesi infetti, controllo da effettuarsi assieme ai suffumigi nella linea di Pontixeddu, in una casa adatta e con persone idonee ad effettuare la sanificazione e si istituì una ronda armata nei punti d’ingresso della città. Tali operazioni dovevano essere verificate da un comitato composto dall’avvocato Agostino Toxiri, dottor Francesco Enna, Giacomo Carta, Francesco Tuveri, Giuseppe Busachi.

Con la seduta del 29 ottobre si incaricò il Consiglio Delegato di approvare tutte le spese adoperate per non venir invasa questa città dal colera asiatico che faceva strage in alcuni punti dell’isola, da cui per divina provvidenza è andata finora esente.

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