L’Antiqarium Arborense si rinnova e da venerdì apre al pubblico con una nuova veste.
Il nuovo Antiquarium arborense sarà inaugurato venerdì 11 marzo, alle 18,30, dal Sindaco Guido Tendas alla presenza dell’Assessore regionale ai Beni culturali Claudia Firino, del Soprintendente archeologico della Sardegna Marco Edoardo Minoja, del Direttore del Polo Museale della Sardegna Giovanna Damiani, del curatore del museo oristanese Momo Zucca e del Presidente della Cooperativa La Memoria Storia Susanna Naitza.
Il fulcro del NUOVO ANTIQVARIVM ARBORENSE, al termine dei lavori di adeguamento degli impianti, eliminazione delle barriere architettoniche e realizzazione di spazi espositivi multimediali realizzati dal Comune di Oristano e finanziati dalla Regione e dall’Unione europea con il programma operativo FESR 2007-2013, è costituito dalla ricomposizione dell’intera collezione archeologica dell’Avvocato Pischedda, acquistata dal Comune di Oristano nel 1938, e dal suo inquadramento nel clima culturale dell’Archeologia mediterranea, vicino orientale, anatolica, africana dell’800 e nel clima culturale dell’archeologia-antiquaria della Sardegna.
Il progetto del Nuovo ANTIQVARIVM risale al 2008, al compimento dei 70 anni di vita, e si è concretizzato con l’Amministrazione Tendas che da un lato ha aperto un canale privilegiato con la Soprintendenza Archeologia della Sardegna, che ha assicurato l’arrivo di nuovi prestigiosi materiali dello stato provenienti da varie aree della provincia di Oristano, dall’altro ha consentito i lavori di ristrutturazione di Palazzo Parpaglia e l’installazione delle postazioni multimediali sulla dell’archeologia e in particolare dell’archeologia e dell’antiquaria sarda di cui Efisio Pischedda è il principale esponente a cavallo tra il secolo XIX e i primi del XX.
Ma il Museo è nuovo perché ora Oristano possiede il primo, ed unico in Sardegna, itinerario attraverso l’Archeologia vicino orientale, egiziana, anatolica e mediterranea attraverso i manoscritti e i libri originali dei protagonisti. L’unico documento scritto da Heinrich Schliemann, l’archeologo scopritore di Troia, Micene, Tirinto è a Oristano; un prezioso manoscritto autografo del decifratore dei caratteri cuneiformi, Rawlinson, è nel museo di Oristano. Una lettera dell’archeologo Canina del 1847 al celebre Lord Vernon (lo scavatore delle 14 tombe di Tharros ricche d’ori) è nella collezione dell’Antiquarium Arborense. L’idea che il Nuovo Museo propone è un viaggio attraverso i protagonisti della storia dell’archeologia nel Mediterraneo e in Sardegna.
Il museo, al quale si potrà nuovamente accedere dall’ingresso di piazza Corrias, si articola su due livelli: al piano terra la prima I sala e il museo tattile, al piano superiore la seconda sala, la sala Retabli, la sala video e la sala per le esposizioni temporanee.
I sala - La sabbia del tempo
La sala presenta un quadro, rapido come la sabbia del tempo di una clessidra, della storia del territorio dell’Oristanese, dalle origini dell’insediamento umano dal neolitico antica (7500 anni fa), richiamato dall’ossidiana del Monte Arci, oggetto di un intenso commercio internazionale, alla diffusione dell’uomo nel neolitico medio e recente nel Sinis, nel Montiferru, nel Campidano, nel Barigadu, fino alla comparsa dei metalli (il rame) e del bronzo.
A partire dal 1500 e fino al 1000 si estende la cultura nuragica con numerosi ed importanti nuraghi in questo territorio. Dopo il 1000 inizia una cultura, frutto degli incontri mediterranei con i micenei, i ciprioti e i levantini, che da un lato si richiama all’età dei “giganti” costruttori dei nuraghi e delle tombe “dei giganti”, dall’altro costruisce templi a pozzo, a “megaron” e a “rotonda”, spesso in conci squadrati; realizza centinaia di statuette in bronzo e, a Mont’e Prama, nel Sinis, erige un popolo di statue di guerrieri colossali in calcare, accanto alle tombe individuali degli “eroi” inumati.
Verso il 630 a.C. i Fenici costruiscono insieme a gruppi di Sardi le due città di Othoca (Santa Giusta) e Tharros. Seguirà intorno al 520 la fondazione del “mercato nuovo” cartaginese di Neapolis. Queste città crescono in età cartaginese (fino al 238 / 237 a. C.) e, successivamente in età romana, accanto alle nuove città di Cornus, Uselis e Aquae Ypsitanae-Forum Traiani. Il cristianesimo si diffonde a partire dal IV secolo d. C. Poi verranno i Vandali, i bizantini, gli Islamici e i re o Giudici d’Arborea la cui storia sarà narrata nel Museo regionale della Sardegna giudicale nel barocco Palazzo Arcais, che prospetta sulla via Dritta.
Museo tattile
Il Museo tattile presenta una selezione di oggetti delle varie fasi culturali rappresentate nel Museo, realizzati per essere “letti” attraverso le mani dei bambini, degli ipovedenti e dei non vedenti. Inoltre, sono presenti dei modelli di opere d’arte medievale e cinquecentesca della sala retabli, della Cattedrale e della chiesa di San Francesco di Oristano.
II sala - La famiglia dell’antiquario
In questa sala la goldoniana famiglia dell’antiquario è formata naturalmente dal protagonista, l’avvocato Efisio Pischedda, ma anche da tutti i suoi predecessori, oristanesi e non, che vivevano terque quaterque beati nella contemplazione dei loro ori, delle gemme, dei vetri iridescenti. A far corona a questa famiglia sono gli archeologi che hanno ricostruito con i loro scavi e le loro infuocate passioni il mondo antico, da Schliemann a Evans, da Champollion a Rawlinson, a Austen Layard, Paul Émile Botta fino a Wolley, e gli italiani nella loro patria e nelle loro missioni all’estero (da Pigorini, a Orsi, a Halbherr e Pernier, a Gàbrici, Ducati, Minto). Gli archeologi vengono raccontati attraverso pannelli, manoscritti e edizioni originali dei loro libri.
Fungono da introduzione diretta ad Efisio Pischedda archeologi e storici sardi: da Alberto Lamarmora, Vittorio Angius, Giovanni Spano e Gaetano Cara. A Cara si imputa la vendita di ingenti collezioni tharrensi e l’acquisizione per il proprio Museo dei falsi idoli sardo-fenici.
Sala retabli
La sala ospita:
La storia dell’Antiquarium arborense
Il Museo civico di Oristano è il più antico della Sardegna, essendo stato fondato nel 1938 con il nome di Antiquarium Arborense.
Il motivo per il quale proprio a Oristano si istituì un museo archeologico, il terzo dopo i musei universitari di Cagliari e Sassari, risiede nell’eredità morale di Tharros, vantata da Oristano, che divenne sede dell’Arcivescovo e del giudice d’Arborea nel 1070, accogliendo i profughi di Tharros.
Da allora gli oristanesi hanno trasportato dalla loro città-madre gli spolia, marmi, colonne, capitelli, blocchi squadrati di Tharros per la cattedrale, le chiese, i monasteri, i palazzi e la cinta muraria.
Nel Settecento, quando nacque anche a Oristano, in ritardo rispetto al collezionismo rinascimentale della corte pontificia e di quelle nobiliari delle città europee, il gusto delle antichità ecco che Tharros, ed in particolare le sue necropoli fenicie, cartaginesi e romane, offrirono ai nobili ed ai membri del clero oristanese oreficerie, argenti, sigilli-scarabei, collane, armi, ceramiche, vetri, gemme etc, che divennero “i gioielli di famiglia” degli Arborensi.
La storia delle ricerche di Tharros nel ’700 e ’800, ma anche nelle altre città antiche dell’Oristanese (Othoca - Santa Giusta, Cornus - Cuglieri, Forum Traiani - Fordongianus, Uselis - Usellus), è una storia di saccheggi e depredazioni.
Nel 1841 il direttore del Museo cagliaritano, Gaetano Cara, scavò numerose tombe cartaginesi alla presenza del Re di Sardegna Carlo Alberto. Il primo scavo scientifico (e documentato) della necropoli di Tharros fu effettuato dal Canonico Giovanni Spano, padre dell’archeologia sarda, nell’aprile 1850, che curò l’edizione dello scavo nelle Notizie sull’antica città di Tarros (Cagliari 1851). L’anno successivo scavarono a Tharros Lord Talbot (James Talbot, 4th Baron Talbot of Malahide), presidente del Royal Archaeological Institute di Londra ed un celebre studioso inglese di Dante, residente a Firenze, Lord Vernon (George Venables, 5th Baron Vernon), che aveva già avviato nella necropoli di Cuma nel 1843 la propria attività archeologica. A Tharros Lord Vernon scoprì quattordici tombe cartaginesi intatte, ricche di oreficerie. Tutto ciò “accese di rabbia” gli abitanti di Cabras che avviarono per conto loro una radicale depredazione delle tombe tharrensi fino a che il governo di Torino decretò l’interdizione degli scavi abusivi.
Fu solo nel 1852 che il Canonico Spano e il Direttore del Museo cagliaritano Cara ottennero dal Ministero dell’Istruzione Pubblica del Regno di Sardegna l’autorizzazione a compiervi scavi regolari con finanziamento pubblico. A realizzare tali scavi fra il 1853 e il 1854 fu Gaetano Cara che pur cedendo al proprio museo alcuni interessanti reperti, costituì una grande collezione tharrense, suddivisa in quattro parti: la prima fu ceduta al British Museum nel 1856 per £ 1500, la seconda fu dispersa all’asta di Christie a Londra nel successivo 1857, la terza fu venduta alla Provincia di Cagliari nel 1863 e la quarta, dopo la morte del Cara, mescolata con altre antichità soprattutto neolitiche del cagliaritano, fu aggiudicata al Museo di Cagliari dal figlio Alberto nel 1897.
A Oristano si erano formate le più cospicue collezioni di antichità tharrensi, fra le quali quelle del giudice Francesco Spano, dei nobili Paolo Spano, Salvatore Carta e quella dell’antiquario Giovannico Busachi. Una parte fu acquistata dal museo di Cagliari, mentre un’altra parte restò ad Oristano, dove un giovane avvocato di Sèneghe, Efisio Pischedda (1850-1930), avviò la costituzione della più vasta raccolta privata di antichità, esistente in Sardegna. L’avvocato Pischedda, dotato di una concessione ministeriale, riprese gli scavi nella necropoli meridionale di Tharros e della vasta (e intatta) necropoli settentrionale presso il villaggio di San Giovanni di Sinis, arricchendo la propria collezione dei corredi di decine di tombe fenicie, con vasi locali, ceramica d’importazione greca ed etrusca, armi in ferro, oreficerie, gioielli in argento, scarabei etc.
Dopo la morte di Pischedda, nel 1930, il Soprintendente alle opere d’antichità e d’arte della Sardegna, Doro Levi, ottenne dal Comune di Oristano l’impegno per l’acquisto dell’importante collezione, che costituì il fondo comunale dell’Antiquarium Arborense, dal 1938.
L’attuale sede neoclassica, della metà dell’Ottocento, appartenuta al senatore Salvatore Parpaglia, è stata aperta al pubblico il 28 novembre 1992.
I lavori
Con una spesa di 113 mila Euro il Comune ha realizzato la manutenzione e il consolidamento dei cornicioni, le riparazioni delle infiltrazioni di umidità, il rifacimento dell’impermeabilizzazione e della copertura in tegole, il risanamento delle murature dall’umidità, eliminato le barriere architettoniche (bagno disabili al piano primo e dotazione di pezzi speciali e arredi per disabili, installazione di servo scala ingresso al museo da piazza Corrias). L’edificio è stato dotato di una porta-vetrata in legno antipanico per l’uscita di sicurezza in via Parpaglia, di un nuovo serbatoio idrico in pvc, tinteggiato internamente ed esternamente e dei canali di gronda. Sono stati realizzati anche il nuovo impianto di illuminazione, di sicurezza, emergenza, antintrusione e climatizzazione.
Altri 74 mila Euro sono stati investiti per le installazioni multimediali con tavoli e pareti interattive multitouch multimediali posizionate nei due piani dell’Antiquarium. L’allestimento è costituito da un sistema di dispositivi multimediali collegati in rete locale, dotati di interfacce touch per favorire l’interazione da parte dei visitatori. Un monitor professionale di grande formato è dedicato alla visualizzazione di un filmato contenente ricostruzioni virtuali di alcuni siti significativi a partire dal neolitico fino ad arrivare alla fine dell’età antica. Nelle postazioni i visitatori potranno inoltre accedere ad applicazioni multimediali, immagini 3D e applicazioni di realtà aumentata grazie all’ausilio di un tavolo multitouch e di una parete interattiva.
L'allestimento è stato curato dalla ConsulMedia di Oristano in collaborazione con la NoReal di Torino, che ha realizzato i video e le ricostruzioni in 3D.