Sull’attuale via Parpaglia, una delle vie che si aprono a ventaglio dalla vicina Torre di S. Cristoforo, prospetta la “Casa di Eleonora”, cosiddetta perché tradizionalmente reputata di epoca giudicale (O. Lilliu 1969).
Il nucleo originario conserva la forma di quadrilatero scompartito da due viali ortogonali ombreggiati da cipressi e sui quali s’affacciano i monumenti funebri dei personaggi e delle famiglie che nel secolo passato e nella prima metà dell’attuale hanno fatto la storia di Oristano.
Tra l'XI e il XIII secolo, grazie all'opera del giudice Mariano II de Bas-Serra, la città venne a definirsi nella sua identità e configurazione urbanistica, con un influsso culturale di matrice sostanzialmente toscana.
Ancora oggi non si hanno notizie certe circa l'origine dell'ospedale e lebbrosario oristanese, anche se questa importante istituzione era già presente in tutto il suo interesse dal secolo XIV.
Il palazzo prende il nome dal titolo nobiliare di Don Damiano Nurra Conca, insignito del titolo di Marchese d'Arcais dal re sabaudo Carlo Emanuele III, con diploma del 23 agosto 1767.
Il palazzo fu fatto erigere a metà Ottocento dal nobile oristanese Giuseppe Corrias, nel tratto terminale di Corso Umberto I all’innesto con Piazza Eleonora d’Arborea, della quale asseconda lo sviluppo verso est.
Nel 1650 circa i gesuiti avevano cercato di aprire una scuola ad Oristano. Finanziati dal ricco commerciante oristanese Michele Pira, si erano stabiliti in un vecchio monastero presso la chiesa di San Vincenzo.
Il palazzo fu costruito in età spagnola (secolo XVII) dal nobile Salvatore Enna, discendente da una ricca e antica famiglia aristocratica oristanese del periodo giudicale, considerata nobile anche in epoca successiva.
La residenza dei sovrani arborensi in Oristano, documentata solamente dal XIII secolo, menzionata per la prima volta nel 1263, quando era giudice Guglielmo di Capraia.
La piazza più rappresentativa della città arborense, collocata nel cuore del centro storico, ha mantenuto l'impronta classicista conferitale nella prima metà dell'Ottocento
Il primo documento in cui appare la denominazione Torre de Port'e Ponti dell'anno 1500, mentre nelle delibere comunali dei secoli XVI-XX menzionata come Torre di San Cristoforo, da un retablo che un tempo era custodito al suo interno.
La porta di levante, denominata Portixedda, si apre nell'angolo in cui la cortina muraria di nord-est si unisce con quella di sud-est.