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Alluvione del 1917

 

Quando il fiume incuteva timore…

Il 10 febbraio 1917 una violenta alluvione colpiva la città, già in diverse occasioni messa alla prova da questa infausta calamità naturale. Le forti precipitazioni causarono l’esondazione del Fiume Tirso, che rotti gli argini, allagò alcune zone del centro abitato causando considerevoli danni, come testimoniato dalla relazione dell’ingegnere civico, Edoardo Busachi, che porta la data del 12 febbraio. Egli scrive al Sindaco informandolo che la zona allagata ricopre una superficie di circa novecento ettari, arrivando a lambire alcune vie dell’abitato e poiché l’acqua non può defluire a causa della mancanza di canali di scolo, questa ristagnerà creando una grande zona paludosa, perciò l’ingegnere municipale fa presente che è necessario provvedere al più presto a rendere agibile il canale tra Oristano e l’emissario dello stagno di Santa Giusta, solo facendo ciò «sarà possibile evitare il gravissimo danno igienico che ne sovrasta e sarà possibile adibire qualche centinaia di ettari alla coltura del grano marzuolo».

Numerose furono le attestazioni di vicinanza manifestate alla popolazione oristanese, che ricevette anche la visita del Sotto Segretario del Ministero dell’Interno Bonicelli, che giunse ad Oristano il 13 febbraio, accompagnato dal Sottoprefetto e dall’Ingegnere Capo de Genio Civile.

La zona dell’abitato colpita dall’inondazione fu, presumibilmente, quella prospiciente la via Tharros, difatti le richieste di aiuti giunte all’indirizzo del Sindaco provengono da cittadini residenti in quella via e tra questi vi è il muratore Giovanni Carboni che scrive: «…abitava una casupola in via Tharros venne colpita di grave danneggiamento dalla piena del giorno dieci, che crollando tetti e muri gli squarciò il poco mobilio che possedeva lasciandolo senza sedie ed il più duro sprovvisto di letti ove poveramente riposava la famiglia composta da marito, moglie e sei figli. Rivolge perciò umile preghiera alle Signorie Vostre Illustrissime onde vogliano generosamente soccorrerlo in tanto triste caso almeno per portarlo in condizione di non dover passare l’intiera invernata dormendo per terra con la moglie e i poveri piccini trovandosi oggi senza letto, senza sedie e sprovvisto di ogni genere di stoviglie. Speranzoso che le Signorie Vostre Illustrissime vorranno degnamente consolarlo, ne porge anticipatamente i più sentiti ringraziamenti». Alla richiesta fa seguito la perizia dell’ingegnere municipale che stima l’ammontare dei danni a trecentocinquanta lire.

L’alluvione non causò unicamente il danneggiamento di alcune zone del centro abitato, ma come già accennato, anche le campagne furono duramente colpite dall’esondazione del Tirso e soprattutto le colture di grano subirono grandi perdite, ciò è testimoniato sia dalle richieste di risarcimento, sia da un telegramma inviato dal Sindaco Porcella al Prefetto di Cagliari, nel quale chiede l’immediata spedizione di cinquanta quintali di grano marzuolo da distribuire ai contadini per poter rinnovare al più presto la semina e la requisizione del grano di proprietà dell’amministrazione militare già presente in città.

Per venire in soccorso dei cittadini colpiti dall’alluvione fu disposto, inoltre, dall’Intendenza di Finanza di Cagliari la proroga della prima rata dell’imposta sui terreni, sui fabbricati, di ricchezza mobile e profitti di guerra.

Numerose furono anche le donazioni in denaro in favore della città, tra queste quella di Sua Maestà il Re che inviò «cinquantamila lire da distribuire in sussidi ai danneggiati poveri dalle recenti inondazioni della Sardegna».

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