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Vaiolo

 

Vaccino e vaccinazioni: l’attualità nelle carte d’Archivio

 

Ancora una volta la storia insegna. Ancora una volta i documenti d’archivio ci riportano all’attualità e al vissuto contemporaneo. In questo caso facciamo riferimento ad uno dei temi che in questi giorni riempiono le pagine dei giornali e i palinsesti dell’informazione di massa. Parliamo delle vaccinazioni e della loro importanza e valenza etica che esse, ieri e oggi, hanno per la salute pubblica. Un’importanza che da sempre è considerata quale strumento di prevenzione e lotta alle malattie trasmissibili.

 

Il vaiolo è una malattia infettiva causata dal virus Variola, la cui presenza è attesta sin dai tempi più antichi, infatti sono state trovate prove attendibile della sua presenza anche nella mummia del faraone Ramses V, morto oltre tremila anni fa. Sin dai tempi più remoti, si è cercato di trovare una cura al grave morbo che causava la morte del 50 - 75 % delle persone colpite dalla forma più grave.

I primi tentativi di cura della malattia sono noti come variolizzazione, praticata già nel primo millennio a.C. in India, consisteva nella inoculazione, tramite insufflazione nasale, di croste vaiolose polverizzate. Nei primi anni del Settecento la scrittrice inglese Lady Mary Wortley Montagu, durante il suo soggiorno nell’Impero Ottomano, fu colpita dall’utilizzo di questa tecnica e ne promosse l’impiego al suo rientro in Patria.

Fu Edward Jenner, nel 1796 a intuire che si poteva raggiungere l’immunizzazione utilizzando il materiale biologico prelevato dalle lesioni causate dal vaiolo sui bovini. Il medico e naturalista britannico, nel suo The Origin of the Vaccine Inoculation, spiegava che tra tutte le persone alle quali somministrava il vaccino ve ne erano alcune che, mungendo le mucche, avevano contratto il vaiolo bovino, e presentavano una forma diversa rispetto a quella che colpiva l'uomo (smallpox). Il materiale utilizzato negli studi e nella successiva sperimentazione da Jenner venne identificato con l’aggettivo, di derivazione latina, “vaccino”, da "vacca". Il vaccino antivaioloso fu il primo efficace ad essere sviluppato, dando il via ad un’ampia campagna di vaccinazioni già a partire dai primi anni dell’Ottocento.

L’importanza data a questa pratica medica è testimoniata anche dalla documentazione conservata presso l’Archivio Storico del Comune, tra le cui carte si trova il richiamo delle Autorità al corretto svolgersi delle campagne di vaccinazione.

Considerato che in alcuni comuni della provincia si erano manifestati alcuni casi di Vaiolo, nel gennaio del 1912, il Prefetto di Cagliari dispone l’anticipazione della campagna primaverile di vaccinazione, che si sarebbe svolta nelle prime due settimane di marzo. L’invito, rivolto a tutti i sindaci, esortava a far sì che nessuno si sottraesse a quello che, ancora oggi, è considerato un obbligo morale nei confronti della comunità. A ciascun ufficiale sanitario venne quindi, consegnato un elenco dei bambini che avrebbero dovuto sottoporsi alle procedure di immunoprofilassi e alla fine del semestre lo « … stesso l’ufficiale sanitario dovrà comunicare a Vostra Signoria l’elenco di coloro che pur avendone l’obbligo, non furono vaccinati e V.S. denuncerà all’autorità giudiziaria tutti indistintamente i rispettivi capi di famiglia».

Il regolamento sulla vaccinazione del 1892, come evidenziato dalla circolare del Regio Provveditorato agli Studi della Provincia di Cagliari del 1893, prescriveva che nessun fanciullo potesse essere ammesso alle scuole pubbliche o private o agli esami ufficiali, se avendo compiuto gli undici anni, non avesse presentato un certificato autentico dell’autorità comunale attestante l’avvenuta vaccinazione in data non anteriore all’ottavo anno di età e i direttori scolastici erano obbligati a far rispettare tali prescrizioni.

Il Vaccinatore ufficiale, aveva inoltre l’obbligo di compilare degli elenchi nominativi e indicare la data di somministrazione e quella in cui veniva effettuato l’esame della crosta formatasi nella zona di inoculazione, per valutare l’efficacia del trattamento di vaccinoprofilassi. Non sempre l’esame dava un risultato positivo e quindi, si rendeva necessario procedere alla somministrazione di una nuova dose, attività che veniva regolarmente registrata mediante la compilazione di prospetti statistici che l’Amministrazione comunale aveva l’obbligo di trasmettere alla Prefettura.

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