Indirizzo: Via Sant'Antonio - 09170 Oristano
Il convento di San Francesco citato nel testamento del giudice d'Arborea Ugone II del 1335. L'edificio fu testimone di importanti momenti storici della vita politica e religiosa del giudicato d'Arborea: nel refettorio dei frati erano infatti solite riunirsi le massime autorità del regno arborense, e nella stessa aula venne firmato il trattato di pace nel 1388 tra Eleonora e il re catalano-aragonese Giovanni I il Cacciatore.
Purtroppo il vasto complesso, dopo quasi sei secoli, perdette coesione e consistenza e scomparve quasi interamente con la trasformazione completa, dovuta alla nuova costruzione tra il 1835 e il 1838.
Nella chiesa trova collocazione particolare il celebre crocefisso, detto di Nicodemo, scultura policroma, creduta in prevalenza di scuola valenzana e di sicura ispirazione renana. Il crocefisso s'ascrive al tipo tragico e dilaniato e della più straziata agonia, che il nascente espressionismo tedesco diffuse anche in Spagna. Venerato il 14 settembre per la sagra e la fiera in occasione dell'Esaltazione della Santa Croce, il crocefisso può essere datato alla prima metà del 1300, forse portato ad Oristano dalla Toscana. All'inizio dell'800 la chiesa gotica minacciava il crollo e nel 1834 fu completamente ricostruita. L'incarico di eseguire l'opera fu dato all'architetto cagliaritano Gaetano Cima che, nel ricostruirla, utilizzò lo stile neo-classico e si ispirò al Pantheon di Roma, costruendo all'esterno un pronao con 4 colonne e all'interno, oltre all'altare maggiore e a un piccolo coro semicircolare, 4 cappelle alte e 2 cappelle finte e basse.
Il 22 maggio 1855, per effetto della “legge di soppressione” degli ordini religiosi, parte del convento e dei suoi arredi furono incamerati dal Demanio. Il monastero, il 24 agosto 1866, fu occupato dal Distretto Militare e l'orto adiacente fu dato in concessione gratuita ai religiosi che continuarono a officiare la chiesa, ma vivendo in case private. Nel gennaio 1875 i francescani riscattarono la piccola infermeria del convento e vi si stabilirono.
Restano ancora oggi nella chiesa del convento: