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Premio notte di Natale

 

Nel 1934 il cavaliere del lavoro Angelo Motta in collaborazione con il pubblicitario Dino Villani, in occasione dell'apertura del nuovo negozio dell'azienda in Piazza Duomo a Milano, istituì il “Premio della Notte di Natale”, riconoscimento assegnato la notte di Natale da un comitato costituito da letterati e giornalisti ad un atto umano compiuto dai cittadini durante l’anno che, superando il consueto, il mediocre, per il suo profondo e singolare contenuto di sacrificio e di volontà si sollevi a poesia. Non era necessario che l’atto compiuto richiedesse il rischio della vita, ma doveva essere valutato eccezionale per il sentimento che lo aveva ispirato e per il modo con cui veniva compiuto e per le sue conseguenze. Doveva essere un grande gesto di bontà umana, ingenuo e spontaneo.

Nel 1946 il sindaco Alfredo Corrias designò l’assessore Ernestina Littarru per segnalare i casi in città meritevoli di considerazione. Venne proposta una storia che lo stesso sindaco definì di eccezionale, profondo, singolare contenuto di sacrificio, compiuto da un cuore di donna fiaccata dagli stenti e dalle fatiche, ribelle anche agli attacchi del male che ne hanno scompaginato l’organismo. Si trattava di un’anziana donna di nome Peppina a servizio nella stessa famiglia cittadina da quarantasette anni condividendo sofferenze e sventure e ricoprendo il ruolo di madre e sorella, di infermiera e consolatrice con semplicità e umiltà. Rimasta sola con l’unico superstite della famiglia che fu colpito da una grave forma di aterosclerosi con conseguente tremito e blocco degli arti, del capo e della parola, Peppina non lo abbandonò. La fedele domestica colmò il malato con la sua carità di qualsiasi premura, sia materiale che morale, giorno e notte anche nelle gelide giornate invernali e utilizzò i suoi risparmi, messi da parte per l’acquisto di una casetta dove trascorrere la vecchiaia, per le cure necessarie. Stremata dagli stenti e dalla fatica, si ammalò, ma non volle abbandonare per un istante l’ammalato e interrompere la sua devota assistenza. L’uomo spirò tra le sue braccia ringraziandola. Peppina concluse la sua vita misera e sola, mirabile esempio di fedeltà e generosità che fece della sua esistenza un apostolato di abnegazione che diede agli altri senza mai chiedere per sé.

La fedele domestica morì dopo circa dieci anni nel ricovero di mendicità senza neppure un piccolo risparmio perché senza la pensione.

Col passare degli anni il Premio acquisì una notevole importanza al punto che il nome dei vincitori era trasmesso alla radio in diretta a mezzanotte e veniva stampato un opuscoletto contenete le storie dei vincitori del premio.

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